Come ogni anno l’8 marzo ripropone la questione femminile e di per sé è un bene. D’altronde, di per sé, ogni giorno di festa evoca situazioni positive. Il giorno di festa, chi festeggia, non dovrebbe lavorare o dovrebbe farlo con meno fatica; indossa l’abito migliore; mangia bene; si dedica alle cose che producono maggior piacere. Insomma, il giorno di festa, chi festeggia, è o dovrebbe essere libero. Meglio LIBERA visto che la festa è delle donne.
A parte qualche legittimo dubbio circa la reale libertà di pensare a se stessi/stesse, visto che anche le feste riconosciute come tali impongono protocolli liturgici ripetitivi che non solo limitano ugualmente la libertà ma impegnano oltremodo in rituali di gruppo, è certo che un giorno di festa non potrà mai ripagare le donne dagli abusi subiti da sempre dal predominio maschile. E per abusi non sono da intendere soltanto gli episodi esecrabili di violenza fisica troppo spesso sconfinanti nel femminicidio, bensì ogni forma di imposizione, fisica e psichica, praticata non solo da singoli uomini ma da politiche inneggianti al culto del maschio.
Auguri, quindi, a tutte le donne dell’universo.
Che non sia festa per un solo giorno ma per ogni giorno della loro esistenza e che il leggiadro fiore di mimosa possa, almeno per un giorno, alleggerire il gravoso carico che l’universo maschile impone ai loro corpi e alle loro menti.
Siano comunque consapevoli che, senza integralismi e radicalizzazioni di posizioni, la parità di genere nessuna politica illuminata ò peraltro dominata dai maschi – potrà renderla possibile. Saranno il loro quotidiano impegno, la loro intelligenza, la loro determinazione, il rispetto di se stesse e, talvolta, il loro sacrificio a rendere possibile graduali progressi.
EVVIVA LE DONNE